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domenica 8 febbraio 2015

Le Nere Acque



Tu mi dicesti Vivi, lasciati Rapire da questa Impervia sorpresa dell’essere, nella molteplicità di Monadi Liquide assuefatte a memorie obliate. Strazi che abbeverano con violenza inesauribile uno spazio senza senno ne vesti. Avesti cura di servire alla mia ragione tropo affilata il giusto consorteda me stessa Voluto, gettata qu Rivollli la mia sorte Impervia , ancora una volta svelata. La Natura ti salvò o Uomo , tu che sorgesti da tumefatti abbracci oscuri dimenandoti scomposto e senza tregua in un Muondo a te Nuovo. Reciso lo specchio dove tu Vedesti la tua Vita eternamente Stesa al bando santificante di altre emanazioni, suscitata in te la Gloria del senno terrestre , divenisti l’uomo nuovo cui vedesti forma e difetto, limite e bassezza. O tu Uomo, menasti la via della caduta che ripete tutta la creazione Spiegando. Mai pago Venisti . Andavo Vagando fra riquadri semi scomposti da cui traevo Gaudi inauditi, spalancata afferravo il Sogno di Vite fra le pieghe insondate  dalle cui profondità vorticanti spostavo i Venti e le Maree voluttuose. Tutto ciò che Volevo era Essere . Imponderabilità d’aliti viventi dal cui pensiero contratto emergono onde che travalicano il tempo. Spezza la tua santità per accogliere questa Natura che grida inspiegata se stessa ad ogni luogo ed in ogni direzione ! E tu , tu che dicesti infine arrendi questo tuo sbattere e porta il tuo Fragore sopra le cime di questa Terra ed ancora Vola, procedi oltre gli emisferi nei cui palpiti è il brillio di tutti i cosmi anche quelli da te ancora non esplorati. Lava via la processione infruttuosa dei tuoi molti stanti, e liquida emetti il grido nella cui Vertigine è Tutto , Vita e Morte. Lascami Rapire questo tuo Senno che Vaga ardito fra le Notti di Lava , e va e va, come sospinto da incessanti Violenze perpetuate da ogni luogo per la causa di Una Vita, questa , la cui altezza sospinge Tutto verso se stessa e nel Vortice stesso. Rendimi Onore dall’eterno costringere la legge al suo ripetersi Bellissima ed Ardita e prendi lo scettro che ora ti porgo o Nume che Desideri solo Essere , lasciando ai mortali il loro senno fugato e poi Vai , senza voltarti. Lascia questo Strazio che ti colse Armato fin dai primi strilli o tu, che così vuoi e vai dicendo , e scavalca in Volo l’emersa terra nella sua altezza celata , come una Fiamma spinta dalla tempesta  irrompe magnetica deflettendo la Forma imperfetta di una terra non più tua , e tu Vivente, Regna dove puoi giacchè il tuo volere chiede l’altezza sua magnifica per Natura donata e concessa. Ritratto di un Vivente Dio non più eterno eppur memore della antica Gloria mai morta, tu ora cogliesti l’amaro frutto di volute dischiuse fra l’immergersi dei senni negli spazi incolmi , imbevuto dio sangue ora annoveri la Gloria Antica fra le Visioni dell’ora che fu  in un Eterno Tempo e Grida! . Grida d’ampiezza ardita stordiscono materia e annunciano negli spasmi che Furono nuove Generazioni di Mondi . Tu che venisti ed io che vagai. Vagavo nell’incommensurabilità di Vite non più sante, congiunta all’Amore da cui trassi il Volo spietato che mi vide spingere con ardita flemma verso le profondità indefinite di vortici creati da un pensiero contrattosi per Amore. Lascia lo sterile grembo ove sorse il Mistero da cui fu fatto Nome , e cavalca l’Abominio mai consumato dove fosti Regina e Madre. Poiché così fu e così sarà.


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