Le Nere Acque

Tu mi dicesti Vivi, lasciati
Rapire da questa Impervia sorpresa dell’essere, nella molteplicità di Monadi
Liquide assuefatte a memorie obliate. Strazi che abbeverano con violenza
inesauribile uno spazio senza senno ne vesti. Avesti cura di servire alla mia
ragione tropo affilata il giusto consorteda me stessa Voluto, gettata qu
Rivollli la mia sorte Impervia , ancora una volta svelata. La Natura ti salvò o Uomo , tu
che sorgesti da tumefatti abbracci oscuri dimenandoti scomposto e senza tregua
in un Muondo a te Nuovo. Reciso lo specchio dove tu Vedesti la tua Vita
eternamente Stesa al bando santificante di altre emanazioni, suscitata in te la Gloria del senno terrestre
, divenisti l’uomo nuovo cui vedesti forma e difetto, limite e bassezza. O tu
Uomo, menasti la via della caduta che ripete tutta la creazione Spiegando. Mai
pago Venisti . Andavo Vagando fra riquadri semi scomposti da cui traevo Gaudi
inauditi, spalancata afferravo il Sogno di Vite fra le pieghe insondate dalle cui profondità vorticanti spostavo i
Venti e le Maree voluttuose. Tutto ciò che Volevo era Essere . Imponderabilità
d’aliti viventi dal cui pensiero contratto emergono onde che travalicano il
tempo. Spezza la tua santità per accogliere questa Natura che grida inspiegata
se stessa ad ogni luogo ed in ogni direzione ! E tu , tu che dicesti infine
arrendi questo tuo sbattere e porta il tuo Fragore sopra le cime di questa
Terra ed ancora Vola, procedi oltre gli emisferi nei cui palpiti è il brillio di
tutti i cosmi anche quelli da te ancora non esplorati. Lava via la processione
infruttuosa dei tuoi molti stanti, e liquida emetti il grido nella cui
Vertigine è Tutto , Vita e Morte. Lascami Rapire questo tuo Senno che Vaga
ardito fra le Notti di Lava , e va e va, come sospinto da incessanti Violenze
perpetuate da ogni luogo per la causa di Una Vita, questa , la cui altezza
sospinge Tutto verso se stessa e nel Vortice stesso. Rendimi Onore dall’eterno
costringere la legge al suo ripetersi Bellissima ed Ardita e prendi lo scettro
che ora ti porgo o Nume che Desideri solo Essere , lasciando ai mortali il loro
senno fugato e poi Vai , senza voltarti. Lascia questo Strazio che ti colse
Armato fin dai primi strilli o tu, che così vuoi e vai dicendo , e scavalca in
Volo l’emersa terra nella sua altezza celata , come una Fiamma spinta dalla
tempesta irrompe magnetica deflettendo la Forma imperfetta di una
terra non più tua , e tu Vivente, Regna dove puoi giacchè il tuo volere chiede
l’altezza sua magnifica per Natura donata e concessa. Ritratto di un Vivente
Dio non più eterno eppur memore della antica Gloria mai morta, tu ora cogliesti
l’amaro frutto di volute dischiuse fra l’immergersi dei senni negli spazi
incolmi , imbevuto dio sangue ora annoveri la Gloria Antica fra le Visioni
dell’ora che fu in un Eterno Tempo e Grida! . Grida d’ampiezza ardita stordiscono materia e annunciano negli spasmi
che Furono nuove Generazioni di Mondi . Tu che venisti ed io che vagai. Vagavo
nell’incommensurabilità di Vite non più sante, congiunta all’Amore da cui
trassi il Volo spietato che mi vide spingere con ardita flemma verso le
profondità indefinite di vortici creati da un pensiero contrattosi per Amore.
Lascia lo sterile grembo ove sorse il Mistero da cui fu fatto Nome , e cavalca
l’Abominio mai consumato dove fosti Regina e Madre. Poiché così fu e così sarà.
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